MO: la tragicomica vita di un palestinese a Houston
Lo stand-up Comedian Mohammed “Mo” Amer produce e interpreta il ruolo principale in una tragedia dalle tinte comiche (o viceversa). Una serie capace di sorprenderti ed essere banale allo stesso tempo, una serie sul multiculturalismo, il senso di appartenenza e la disillusione verso le autorità. La serie è ambientata in Texas, scelta non casuale, patria del benessere repubblicano e punto di contatto con il Messico.
Mo Najjar vive da anni negli Stati Uniti dove cerca di vivere la propria vita come farebbe un giovane uomo qualsiasi. La sua famiglia è originaria della Palestina ed è l’emblema stesso delle migrazioni: dopo essere stata costretta a scappare dalla terra natia e approdata in Kuwait si trova nuovamente a dover fuggire quando l’Iraq invade il piccolo emirato (1990). Ottenendo il supporto da parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il piccolo emirato espelle i palestinesi presenti sul territorio nazionale. Di questa vita mediorientale scopriamo solo piccoli splendidi frammenti di flashback ben gestiti che profumano di amarezza e malinconia.
Arrivato negli Stati Uniti Mo sembra integrarsi alla perfezione in questo sistema multiculturale: ha un lavoro, una fidanzata messicana, pur rimanendo ancorato alle radici palestinesi e musulmane. Tutto questo però è solo una semplice illusione e fin da subito si è introdotti alla cruda realtà: nonostante i molti anni passati negli Stati Uniti la famiglia non ha i documenti da rifugiarti (forse per colpa di un’avvocata palestinese new age?). In questo eterno limbo istituzionale Mo subisce il greve peso della morte del padre e compie tutte le scelte sbagliate possibili e immaginabili.
L’umorismo della serie si prende gioco del ragazzo e dei suoi ridicoli tentativi di sopravvivere in una situazione ibrida e resa complessa dalle tradizioni che ci si porta dietro: la scelta più semplice sarebbe sposare la fidanzata messicana, ma appunto è messicana e cristiana. Meglio la cittadinanza o la famiglia? L’amore o le proprie radici? Questi sono alcuni dei dubbi che assalgono Mo nel corso delle otto corte puntate della prima stagione.
Nonostante la trama sia abbastanza semplice e la serie non presenti guizzi di scrittura particolarmente interessanti, Mohammed Amer è sempre in grado di strapparti un sorriso e si fa portavoce delle problematiche del migrante attraverso una nuova prospettiva. La scelta dei produttori di raccontare la storia di un migrante arrivato ormai da molto tempo in Texas e che, desideroso di essere parte di un sistema, viene continuamente respinto ed escluso è la chiave dell’originalità e della spietata universalità del messaggio che la serie vuole veicolare. Con leggerezza la serie Netflix MO racconta il dramma di un giovane prendendosi gioco del fatto che lo stesso giovane si prenda troppo sul serio.
Mo è una serie ironica, semplice ma dalla colonna sonora splendida capace di enfatizzare le emozioni di una serie capace di essere straziante, commovente, esilarante e tragica allo stesso tempo. Una serie capace di cercare e trovare nelle tasche del suo protagonista le proprie radici (la boccetta d’olio d’oliva palestinese) e le difficoltà di una vita precaria (la codeina). Una serie che lotta per difendere le proprie origini ma anche desiderosa di liberarsi dai suoi retaggi duri e puri.
Il trauma vissuto e il cosmopolitismo sono le tematiche principali di questa serie importante e potenzialmente fruibile al grande pubblico: un gancio potenziale capace di portare alla luce, con ironia, la tragedia vissuta da molte famiglie.
Luigi Toninelli