Persepolis: Marjane Satrapi disegna la sua storia e quella dell’Iran

Persepolis, un fumetto autobiografico pubblicato agli inizi degli anni 2000 in Francia e suddiviso in quattro parti e trentanove capitoli. In esso, l’autrice iraniana Marjane Satrapi illustra la propria gioventù in uno dei periodi più significativi della storia dell’Iran: la Repubblica islamica, proclamata tra il 30 e il 31 Marzo del 1979 e che esiste ancora oggi.

Il 1979. È proprio questo l’anno in cui si sviluppa la prima parte della storia. Un anno spartiacque per tutto il Medio Oriente. In particolare per l’Iran.

Infatti, alla fine degli anni ‘70 del Novecento scoppiò la Rivoluzione cosiddetta “islamica”, o meglio dire «che diventò islamica». A causa dell’instabilità e del malcontento su cui fluttuava il paese, studenti e varie classi sociali organizzarono numerose manifestazioni contro il re Mohammed Reza Pahlavi, il quale rispose tramite la repressione, causando un alto numero di morti e feriti. A sua volta l’intolleranza del re creò una forte coesione fra le classi sociali, il clero e le correnti politiche, perlopiù di sinistra, perché vedevano la monarchia come un avversario comune.

L’ayatollah– figura religiosa sciita- Khomeini approfittò di questo clima di vulnerabilità e si fece portavoce delle rivolte. Così, quando il re si diede alla fuga, Khomeini, che ormai aveva acquistato consensi, proclamò la Repubblica Islamica d’Iran. L’intento era di “re-islamizzare” il paese che per cinquant’anni era rimasto fondamentalmente laico. La metodologia utilizzata per raggiungere tale obiettivo fu radicale e fuorviante: vennero stabilite quali attività, indumenti e oggetti fossero vietati o obbligatori; venne indicato il modo in cui curare il proprio aspetto e come condurre la vita privata e pubblica. Ma soprattutto:

«tutti i rivoluzionari di ieri divennero nemici giurati della Repubblica».

Quindi, coloro che avevano creduto nella democrazia e si erano battuti per essa vennero perseguitati, arrestati e giustiziati.
L’esasperazione religiosa portata avanti dagli estremisti islamici influì fortemente sull’infanzia e sulla fede dell’autrice, la quale, appena decenne nel 1979, si ritrovò a dover dire addio a diversi amici e parenti. Alcuni perché fuggiti dal paese, altri, invece, messi a morte dagli esecutori della giustizia divina.

Tutto ciò fece sì che il sogno della piccola Marji- così soprannominata dai genitori- di diventare profeta venne accantonato in un cassetto per lasciare posto ad un’altra aspirazione: diventare una donna colta ed emancipata.

D’altro canto, essendo cresciuta in una famiglia di rivoluzionari dove i concetti di istruzione e libertà erano il pane quotidiano, Marjane venne sommersa fin da bambina da libri di storia e di dottrine filosofiche. Inoltre, grazie ai discorsi e agli scambi di opinioni familiari a cui assisteva, imparò subito ad esporre le proprie idee e i propri disaccordi a voce ben alta e con una forte determinazione.

Ed è proprio nella seconda parte del libro che ci si rende conto di quanto fosse pericoloso disobbedire e contestare gli ordini del distorto regime islamico che era stato creato. Non solo i cittadini dovettero affrontare il conflitto tra Iraq e Iran dal 1980 al 1988, ma osservare una serie di rigide leggi, pena il rischio di essere arrestati e torturati dai Guardiani della Rivoluzione.

Eppure, in netta contrapposizione con il panico di doversi rifugiare velocemente in cantina sperando di sopravvivere ai bombardamenti nemici, vi era la brama di festeggiare, di ballare, di bere alcool. Per beffarsi del regime e della morte. Per brindare alla vita.

La terza parte del racconto si apre con Marjane in Austria, mandatavi dai suoi genitori per timore che la sua schiettezza potesse causarle problemi con gli estremisti religiosi. Qui, la bambina che aveva conosciuto la guerra, è costretta a fare i conti con l’adolescenza. E il filo narrativo s’intreccia con tematiche sociali: le amicizie, gli amori, le droghe, i problemi legati all’integrazione e tutti i contrasti che derivano da tradizioni, contesti storici ed educazione differenti, le discriminazioni, la nostalgia di casa, la solitudine e la

«desolazione di sentirsi emigrati del terzo mondo, senza nessuno su cui poter contare».

Infine, nell’ultima parte, l’autrice torna dai suoi genitori in Iran. Marjane, che nei quattro anni lontana da casa non aveva fatto altro che cercare la guerra da cui era fuggita, prova a riappropriarsi e riabituarsi alla realtà iraniana, mantenendo sempre quel coraggio che l’aveva contraddistinta e accompagnata negli anni. Questo coraggio e questa quotidiana opposizione verso l’estremismo religioso venivano espressi attraverso comportamenti che non erano considerati “dignitosi” di una donna religiosa tra cui, ad esempio: truccarsi, seguire la moda, avere dei ciuffi di capelli fuori dal velo, ridere fragorosamente in pubblico o correre in mezzo alla strada.

Grazie alla scelta del fumetto come genere narrativo, non solo l’autrice è riuscita a combinare un contesto storico così intenso e tumultuoso con episodi di ironia e di sarcasmo che alleggeriscono i toni e strappano un sorriso al lettore, ma le scene più violente vengono ammorbidite dalle illustrazioni, facendo sì che non vi sia un vero e proprio target di lettori e riuscendo ad essere alla portata di tutti: grandi e piccini.

In questo viaggio autobiografico, l’autrice mostra l’evoluzione della sua persona e della propria prospettiva di pensiero. Partendo dal punto di vista di una bambina di dieci anni che credeva e ripeteva tutto quello che le veniva detto senza peli sulla lingua e attraversando tutta l’adolescenza, in cui si ritrovò confusa sulla propria identità, sul proprio passato e futuro, Marjane approda nell’età adulta con la consapevolezza che non c’è posto per lei in Iran. Che per non cadere nel vortice delle pretese degli estremisti islamici, deve prima allontanarsi dalla sua patria. E l’autrice lo fa, senza rinnegare però le proprie origini, la propria cultura, la propria gente.

Ed è forse proprio questo l’intento dell’autrice. Ricordare con frasi e raffigurazioni la resistenza di tutti coloro che, con gesti e scelte quotidiane, hanno sfidato il regime islamico radicale iraniano. Rendere giustizia a chi di giustizia non ne ha avuta. Raccontare il proprio vissuto. Disegnare la storia della sua famiglia e della sua terra riportando traumi e curiosità del patrimonio storico-culturale iraniano, per farli conoscere a chi non li ha vissuti.

Norma Febbo


Fonti

  • Marjane Satrapi, Persepolis.
  • M. Emiliani, Medio Oriente, una storia dal 1918 al 1991.

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