Jihad: Un termine polisemico

Immagino che tutti abbiate sentito almeno una volta nella vostra vita la parola jihad e ancora una volta immagino che la maggior parte di voi la traduca automaticamente con il termine “guerra santa”. Grazie al largo utilizzato adoperato dai media, la parola jihad è ormai un termine sulla bocca di tutti e, spesso, è l’unico tecnicismo che si conosce in relazione alla religione islamica.

In particolare, è il mondo dell’informazione di massa occidentale che veicola una narrazione del jihad inteso esclusivamente come guerra santa contro gli infedeli e i miscredenti. Ovviamente questa visione del jihad non è inventata, infatti, il jihad declinato in tal senso, è quello rivendicato dagli esponenti del jihadismo contemporaneo. Tuttavia, i media occidentali perpetuano la tendenza ad ergere questa narrazione del jihad a rappresentante di un pensiero collettivo musulmano, dimenticandosi che il jihadismo contemporaneo ritrae una minima parte dell’ecumene islamica, non la maggioranza.

Interessante sottolineare come di fatto il jihadismo contemporaneo, attraverso l’utilizzo del suffisso -ismo si sia appropriato in maniera esclusiva del termine presentandolo come una sua estremizzazione, quando di fatto, anche nell’accezione che loro gli attribuiscono (militare, armata) rimane polisemico.

Esiste un fattore che permette di comprendere se il termine jihad è direttamente collegato alla traduzione di “guerra santa”. In arabo la parola jihad è un nome maschile, infatti è priva della Tāʾ marbūṭa, lettera che nella lingua araba viene utilizzata esclusivamente alla fine delle parole per sottolineare l’appartenenza al genere femminile. Nonostante l’accademia della Crusca sottolinei che sia più corretto il suo utilizzo al maschile (Il Jihad), dato che la sua traduzione italiana come combattimento o sforzo lo permette, i media prediligono il femminile (la jihad). Questo accade proprio perché viene associato al concetto di “guerra santa”, che è femminile. Viene così trasmessa una narrazione appiattita di un termine dalle molte sfumature di significato.

È necessario a questo punto chiarire l’ampio significato di questo tecnicismo della religione islamica. Jihad è un termine fortemente polisemico e il suo significato letterale è “sforzo immane”, “impegno allo stremo delle forze” sulla via di Dio. Esso trova la sua origine nel Corano e nella Sunna e più precisamente nel Corano viene citato solo quattro volte. Viene disciplinato dal fiqh, ovvero dalla giurisprudenza islamica e dai manuali del sufi (per approfondire questa branca mistica dell’Islam rimandiamo ad un articolo scritto in passato: Le radici del Sufismo o “misticismo islamico”.

All’interno di un hadith (detto del profeta) presente nella Sunna ma non nel corano, viene elaborata una distinzione semantica tra piccolo jihad e grande jihad. Il primo, ovvero il piccolo jihad è la lotta per la preservazione dell’Islam, includendo in alcuni casi anche lo sforzo militare, ma sempre in termini difensivi. D’altro canto, il grande jihad è l’impegno spirituale e collettivo sulla via di Dio. Esso è la lotta contro il male e le passioni che abbiamo dentro di noi, con il fine della purificazione spirituale e il ricongiungimento con Dio.

Inoltre, come ci ricorda la studiosa Patrizia Manduchi il termine Jihad può tradursi come strumento propagandistico nelle mani del potere ufficiale o divenire strumento di resistenza e lotta contro l’occupante, come nel caso dell’organizzazione Hamas in Palestina. Dunque, possiamo affermare che nel corso della storia e nel contemporaneo è utilizzato con declinazioni molto differenziate e il suo significato ha subito numerose metamorfosi. Interessante la tesi di alcuni studiosi che affermano che il termine jihad è di fatto uno xenismo, ovvero un termine per cui non esiste un corrispettivo in italiano, quasi intraducibile.

Questo articolo ha l’obiettivo di andare a decostruire l’associazione diretta che si crea nella nostra mente tra jihad e guerra santa. Per mostrare la polisemia che caratterizza questo termine andremo ad analizzare alcuni dei significati che assume oggigiorno questa parola al di fuori di “guerra santa” della quale si è appropriato il jihadismo contemporaneo. Ci serviremo di una serie di una serie di saggi inseriti nel volume curato dagli studiosi Melis e Manduchi, che inseriremo in bibliografia.

  • Il termine jihad in epoca contemporanea viene collegato spesso alle donne. Un esempio tra tanti è l’accostamento della parola Gender al tecnicismo jihad. Questa unione si configura come esempio perfetto della traduzione scorretta di jihad come guerra santa. Il gender jihad si interpreta come lotta che le donne devono portare avanti verso se stesse, in particolare nei confronti della paura verso le interpretazioni misogine dell’Islam, che spesso vengono purtroppo incorporate dalle donne musulmane. D’altro canto, il gender jihad prende anche le sembianze di un jihad minore che deve essere combattuto in modo non violento contro le istituzioni, religiose o politiche che discriminano le donne e che mal interpretano di fatto il vero messaggio di giustizia e uguaglianza portato dall’Islam.
  • Come abbiamo citato precedentemente nell’articolo, un altro esempio di jihad inteso come resistenza e non come guerra santa contro i miscredenti è il jihad perpetuato da Hamas, partito politico che dal 2006 controlla la striscia di Gaza. Hamas è un partito politico di ispirazione islamica che lotta e orienta le sue azioni per la liberazione della Palestina; dunque, non possiede nessun tipo di aspirazione globale. Il valore fondamentale su cui si basa la struttura ideologica di questo movimento è la resistenza, la quale viene declinata in due tipologie: Muqawama, la resistenza del popolo palestinese jihad, ovvero la resistenza che spetta al braccio armato di Hamas. Utilizzano la parola Jihad poiché all’inizio si configuravano come un movimento di matrice islamica, tuttavia, oggigiorno non viene utilizzato molto spesso per unna questione di legittimazione sul panorama internazionale. Dunque, possiamo interpretare il jihad di Hamas in chiave politica e non dottrinale.
  • Anche in ambito sufi viene fatto largo utilizzo del temine jihad. Questo viene interpretato come lotta interiore necessaria nel percorso spirituale dei discepoli per purificare l’anima dai suoi più bassi istinti, dagli elementi passionali che offuscano la verità, ovvero Dio. Il jihad sufi, chiamato jihad dello spirito è centrale lungo il sentiero di purificazione.

Dati gli esempi riportati e molti altri che in questa sede non abbiamo avuto l’opportunità di approfondire possiamo concludere che questo termine cela molteplici significati e solo una visione superficiale e appiattita di esso può farlo coincidere con la traduzione di guerra santa.

Giorgia Facchini

Bibliografia e sitografia

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