L’insulto – Ziad Doueiri: La prima volta del Libano

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Mai nella storia del cinema libanese un film aveva raggiunto la nomination agli Academy Awards (i Premi Oscar), mai prima del secondo film strettamente libanese di Ziad Doueiri. Il regista torna a raccontare la sua terra natia e lo fa a vent’anni di distanza dal suo folgorante debutto con West Beirut (lo abbiamo recensito qui); ancora una volta Doueiri affronta i demoni della guerra civile in modo originale e mette in scena un testo cinematografico preciso e lineare.

La storia è quella di Tony e Yasser (quest’ultimo interpretato dal palestinese Kamel El Basha, interpretazione che gli è valsa la Coppa Volpi alla 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia). I due uomini sono un cristiano maronita, Tony, mentre Yasser è un rifugiato palestinese; i due dopo una serie di insulti (il titolo originale non ha nulla a che vedere con gli insulti proferiti ma fa riferimento al successivo processo: Qadiyya raqm 23 – قضية رقم ٢٣, ovvero: Caso numero 23) si trovano in tribunale e attraverso una serie di lunghe udienze, tra colpi bassi e colpi di scena, scopriamo che il processo altro non è che un pretesto per riaffermare la propria identità e ottenere giustizia. Una giustizia da ottenere non tanto in tribunale ma nei confronti della società.

Tony e Yasser sono la stessa persona, i due lati della stessa medaglia, e le loro vite non sono poi così diverse: hanno anche la stessa etica lavorativa, gli stessi atteggiamenti e riaffermano la propria dignità in modo speculare. L’identità di entrambi viene infatti riaffermata in contrapposizione a quella del rivale secondo una logica fortemente basata sulla diversità e il rifiuto dell’altro: solo attraverso la negazione dei drammi altrui sembra possibile potersi emancipare.

Il pudore nei confronti del proprio dolore e la necessità di tenerlo per sé in una società polarizzata, sempre pronta a esplodere, ma ormai incomunicabile e incapace ad ascoltare le diversità che la compongono, una società che è sempre pronta a puntare il dito contro l’altro, portano i protagonisti a sottrarsi al vortice della violenza pur essendone un fattore scatenante. La violenza della società che striscia lungo tutto il film e che rischia di scoppiare è frutto anch’essa di una contrapposizione radicata e radicale. Solo attraverso il dialogo si scoprirà che è l’uguaglianza la chiave della propria identità.

Anche gli avvocati dei due protagonisti, il padre e la figlia Wehbe, sono frutto di qualcosa più grande di loro e lo scontro tra i due è anche generazionale: quello tra un padre ancorato al confessionalismo libanese e quello di una figlia che vuole portare avanti l’orologio della storia e passare oltre le divisioni confessionali. Sullo sfondo la società libanese, con le sue violenze, le sue contraddizioni e la sua complessità ripresa con dovizia. Ziad Doueiri ha la capacità di raccontare il Libano con una sensibilità e una schiettezza disarmanti.

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Ancora una volta il lavoro del regista libanese si concentra sulla sceneggiatura e si avvale di immagini di repertorio o di racconti indiretti per narrare la Storia, quella con la S maiuscola. La regia è semplice e non presenta mai guizzi particolarmente strabilianti, ma il lavoro che Doueiri fa sul testo che mette in scena, quello sì che (ancora una volta) ci mostra tutto il talento di un regista che in questi anni ha lavorato fin troppo poco e che speriamo, dopo questa nomination agli Oscar, possa tornare a raccontarci sempre più spesso il Libano, nonostante ormai ne sia alienato.

Doueiri mette in scena un quadro tanto parziale quanto esaustivo di una società complessa e piena di contraddizioni e ne paga le conseguenze (il regista, a causa del suo precedente film The Attack, in occasione del suo ritorno in Libano per presentare L’insulto, è stato arrestato, processato e solo in seguito lasciato libero). Il regista riesce a utilizzare il suo bagaglio culturale e le tecniche cinematografiche occidentali per raccontare con abilità la storia del suo paese natio. Al netto di due film esogeni come Lila dit ça e The Attack, Ziad Doueiri è a due ottimi film su due prettamente libanesi. L’insulto è un film essenziale per capire il Libano di ieri e di oggi.

Luigi Toninelli

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