Un Mediterraneo fa: corsari del Maghreb e schiavi europei

Se ad oggi il Mediterraneo è un mare di incertezze e pericolo per molte persone provenienti dal continente africano e dal Medio Oriente, tra il XVI e il XVIII secolo è stato un’importante e certa fonte di ricchezza per i corsari del Maghreb, definiti dalla storiografia i “corsari barbareschi”.

All’arrembaggio

Nel XV secolo, le economie dei paesi del Maghreb dovettero far fronte sia alla riduzione dei commerci a causa della concorrenza europea di alcuni prodotti locali, come ad esempio i tessuti italiani, sia ad una serie di pressioni e sconfitte come la fine della Reconquista spagnola a favore dei Re cattolici avvenuta nel 1492.

Quest’ultimo evento non solo ridusse i confini dei territori delle dinastie musulmane nella penisola iberica, ma costrinse migliaia di musulmani ed ebrei a fuggire e trovare riparo nei paesi del Maghreb perché perseguitati, sfrattati ed infine espulsi da quella che era stata la loro casa e la loro terra per circa sette secoli.

La situazione prese una svolta completamente opposta con la legittimazione dell’attività corsara nel Mediterraneo.

Nel XVI secolo, grazie all’aiuto dei fratelli corsari ottomani Oruç e Khayr al-Din Barbarus, meglio conosciuto come Barbarossa e celebre ancora oggi, l’impero ottomano allontanò gli spagnoli dalle coste del Nord Africa e iniziò ad allagarsi verso le città di Algeri, Tunisi e Tripoli. Ognuna di esse divenne provincia dell’impero, anche se il controllo ottomano fu piuttosto formale, e venne dotata di una propria flotta di navi, ovvero le galee, per compiere azioni di pirateria contro le navi europee nemiche.

Fu in questo modo, ovvero con la protezione e legittimazione dell’impero ottomano, che le popolazioni del Maghreb si occuparono sempre più di incursioni marittime fino a farne una delle loro principali forme di sostentamento economico. Basti pensare che a Tunisi i corsari venivano direttamente finanziati dal governo locale e dalle ricche famiglie che, alla fine di ogni impresa, si spartivano il bottino.

Via mare e via terra

Da quel momento in poi per diversi secoli, le acque del Mediterraneo e alcune sponde dell’Atlantico furono sorvegliate e governate dai corsari del Maghreb- molti dei quali erano i cosiddetti “rinnegati” ovvero cristiani convertiti all’Islam-, a tal punto da minare pesantemente le rotte commerciali degli europei e, più tardi, anche degli statunitensi.

L’unico modo per cercare di sfuggire alle loro grinfie era instaurare dei buoni rapporti, il che significava tenersi stretti le autorità locali formali, governatori, i dey (reggenti) e i giannizzeri (esercito ottomano); o le autorità informali come i capitani e le famiglie ricche locali e infine pagare un generoso tributo, avviare accordi commerciali o, ancora, offrire pregiati doni.

Se così non fosse stato, una volta avvistato il nemico dai promontori e monti vicino alla costa o direttamente in mare, i corsari, che conoscevano benissimo i forti venti che soffiavano e le correnti, si nascondevano, se possibile fra le insenature, e attendevano il momento giusto per attaccare.

Dopodiché assalivano le navi, s’impossessavano dei beni e rendevano prigioniere le persone a bordo per poi venderle come schiave nelle principali città del Nord Africa: in particolare ad Algeri, considerata tra l’altro la città costiera più importante data la sua potenza via mare e via terra, costituita dall’imbattibile flotta navale e dal grande esercito di giannizzeri.

Lo schiavo poteva liberarsi in due modi: o convertendosi all’ Islam oppure sperando che qualcuno pagasse il riscatto richiesto, come avvenne per l’autore spagnolo Miguel De Cervantes. Generalmente, i riscatti venivano portati avanti da ordini religiosi cristiani e dai commercianti locali, i quali erano perlopiù spagnoli ebrei espulsi dalla Spagna, che facevano trattative inserendo, ove possibile, una quota anche per il proprio tornaconto.

Non erano solo le navi europee che navigavano quelle zone a non avere scampo. I corsari andavano a far visita ai paesini e villaggi costieri italiani, spagnoli, francesi saccheggiando e sequestrando persone. Ma non è finita qui, grazie alle loro capacità di navigazione si spinsero anche oltre le coste del Mediterraneo: salparono verso l’Europa del Nord arrivando a razziare la cittadina di Baltimora, in Irlanda.

Si stima che furono sequestrati un massimo di due milioni di schiavi europei nei vari secoli e che la civiltà maghrebina non era mai stata tanto eterogenea: composta da popolazioni arabe locali, giannizzeri e marinai ottomani, “rinnegati” e schiavi europei, popoli Amazighen, spagnoli ebrei e musulmani.

Da una sponda all’altra

Il tracollo di queste prosperose attività iniziò a manifestarsi alla fine del XVIII.

Da una sponda del Mediterraneo, i prodotti delle nuove colonie nelle Americhe sostituirono i prodotti mediorientali, il numero degli abitanti del continente crebbe esponenzialmente e i paesi si trasformarono in vere e proprie potenze grazie alla rivoluzione industriale. Dall’altra, il Nord Africa e il Medio Oriente non riuscirono a stare dietro tali progressi e a causa delle carestie e delle varie malattie che si diffondevano facilmente, la popolazione diminuì.

Il culmine del tracollo e il punto di non ritorno si ebbe nel 1830. Un po’ per aumentare il proprio prestigio e sopratutto per abbattere e affondare definitivamente le attività dei corsari, che nell’ultimo periodo si erano affievolite, i francesi sbarcarono e occuparono Algeri senza un vero e proprio progetto o schema da mettere in atto. Fatto sta che, quell’iniziativa poco pianificata, portò l’Algeria ad essere la prima colonia francese nella regione del Medio Oriente e Nord Africa (MENA).

Norma Febbo

Fonti

  • Davis R., Christian slaves, Muslim masters: white slavery in the Mediterranean, the Barbary Coast, and Italy, 1500-1800, Palgrave Macmillan, New York, 2004.
  • Hourani A., Storia dei popoli arabi: da Maometto ai nostri giorni, Arnoldo Mondadori Editori, Milano, 1991.
  • Stanley L. P., Barbary Corsairs, T. Fished Unwin, Londra, 1890.
  • Torres J. A. M., El rescate de cautivos cristianos en el norte de África (siglos XVI-XVII), Fondación Instituto de Historia Social, Valencia, 2004.

Foto

  • Stanley L. P., Barbary Corsairs, T. Fished Unwin, Londra, 1890.

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