Il punto di svolta dell’11/09/01 – Parte 1
Il contesto, l’attacco e le sue conseguenze
Le prospettive con cui si potrebbero approcciare gli eventi dell’11 settembre 2001 sono molteplici: un’analisi storica di cause e conseguenze, uno studio su Al Qaeda e sulla radicalizzazione, piuttosto che una riflessione critica sulle reazioni della politica estera americana e in senso lato ‘occidentale’. Altri spunti potrebbero partire dagli aspetti culturali, come la rielaborazione dell’evento nell’arte, nella letteratura o nei media. Dato che la questione del terrorismo ha avuto un forte impatto non solo sulle decisioni politiche ed economiche di diversi Paesi, ma anche sulla vita quotidiana e sulla concezione di sicurezza si potrebbe portare avanti anche un’analisi di stampo più sociologico a proposito del cambiamento delle rappresentazioni di chi è percepito come altro dal proprio gruppo di appartenenza.
Nel nostro caso invece, si è deciso di partire da uno spunto visivo, prodotto dalla rielaborazione della memoria collettiva di quello stato che vede nell’11 settembre il più grande trauma nazionale nella storia del paese: gli Stati Uniti d’America. In occasione di un viaggio a New York, ho avuto occasione di recarmi al 9/11 Memorial & Museum, un complesso che comprende il monumento a ricordo della caduta delle così chiamate Twin Towers (Torri Gemelle) e il museo ad essa dedicato.
Si tratta di Reflecting Absence, installazione posizionata dove una volta sorgevano la Torre Nord e la Torre Sud. Pannelli su cui sono incisi i nomi delle vittime dell’attentato dell’11 settembre 2001 e del 26 febbraio 1993 circondando le due vasche in cui scorre una cascata perenne che si riversa nel vuoto quadrato centrale, a simboleggiare le diverse vite che pian piano scivolano verso l’abisso.
Spesso gli studi legati al mondo arabo, che siano di natura politica, culturale o sociologica, riconoscono l’esistenza di un pre e un post 11 settembre, che viene identificato come un punto di svolta per le sue conseguenze negli equilibri politici in Medio Oriente, ma anche per il mutamento di percezione e rappresentazione nei confronti di questa regione e dei suoi abitanti. La parola ‘Arabo‘ così come ‘Islam‘, hanno assunto un connotato diverso nel discorso pubblico proprio a partire da questo evento epocale.
Cercare di racchiudere in un solo articolo tutte le conseguenze dell’attentato al World Trade Center sarebbe un’impresa impossibile, ma visto il suo recente ventesimo anniversario e la portata delle conseguenze che ancora riverberano nella politica e nell’ambiente accademico connesso al Medio Oriente, questo approfondimento mira a diventare un’introduzione a una tematica ancora calda dopo 20 anni di storia. In questo articolo troverete un primo approccio al contesto storico e ai fatti che si sono susseguiti prima, durante e dopo l’11 settembre. La seconda parte, vedrà invece un articolo dedicato al cambiamento della percezione dell’altro, in questo caso del non meglio definito ‘arabo‘ in conseguenza all’attacco alle Torri Gemelle di New York.
Al-Qaida e alcuni eventi che hanno portato all’11/09/2001
Per un particolare processo di memoria collettiva, l’11 settembre 2001 è rimasto a tal punto impresso, che alla domanda ‘ti ricordi che cosa stavi facendo quando sono cadute le Torri Gemelle?’ è difficile che qualcuno risponda ‘no’.
Ma al di là del ricordo visivo di quel crollo trasmesso in diretta mondiale, che cosa è successo vent’anni fa? Quello che non tutti sanno è che New York non è stata la sola città colpita da un attacco terroristico in quella data: l’11 settembre 2001, diciannove terroristi membri di Al-Qaeda, dirottarono ben quattro aerei. Si trattò di un attacco coordinato in cui due furono dirottati contro le Torri Gemelle del World Trade Center a New York, mentre un terzo aereo contro il Pentagono, simbolo evocativo del potere militare degli Stati Uniti. Per quanto riguarda il quarto aereo invece, venuti a conoscenza degli altri dirottamenti, i passeggeri e i membri dell’equipaggio lanciarono un contrattacco che si concluse nella caduta del velivolo in un campo in Pennsylvania. Quel giorno morirono quasi 3.000 persone e con esse anche una modalità di comprensione del mondo e delle relazioni tra le sue diverse parti.
Sebbene il museo del memoriale ricostruisca con cura e minuto per minuto i quattro dirottamenti, quello che sembra mancare è forse una maggiore attenzione alla ricostruzione e contestualizzazione storica dell’attacco di questo gruppo terroristico. Un video di 7 minuti è quello che viene offerto al pubblico per conoscere la storia di al-Qaeda, l’organizzazione terroristica ritenuta responsabile. Sette minuti su un museo che prevede una visita di almeno un paio d’ore sono forse insufficienti per inquadrare una delle prime organizzazioni terroristiche transnazionali, che ha radici molto più lontane del 2001.
Diversi analisti collocano la nascita di al-Qaeda (‘La Base’) nel 1979 nel contesto del conflitto afghano, in cui le dinamiche della guerra fredda e dell’opposizione Stati Uniti – Unione Sovietica si sono sovrapposte a una veloce evoluzione del pensiero islamico radicale, incoraggiata e rimessa in discussione nello stesso anno dalla presa di potere di Khomeini in Iran. Alla base dell’organizzazione vengono evocati i nomi di ‘Abdallah ‘Azzam e il ben più conosciuto Osama bin Laden, che finirà per incarnare il nemico numero uno nella lista statunitense dopo l’attentato dell’11/09. Alla base ideologica di al-Qaeda occorreranno diversi anni per cristallizzarsi nell’avversione verso il ‘nemico lontano‘ (gli Stati Uniti). L’attenzione del gruppo infatti è stata rivolta in un primo momento in azioni di contrasto al Regno dell’Arabia Saudita. Tuttavia, sarà proprio una sintetizzazione del pensiero estremista adottato da al-Qaeda sotto la direzione di Bin Laden e della presenza scomoda degli Stati Uniti nel contesto mediorientale a provocare un cambiamento negli obiettivi dell’organizzazione, che troverà esito negli attentati di New York e Washington[1]
Quali conseguenze? Securitizzazione e cambiamento interpretativo
L’obiettivo del terrorismo è per l’appunto la diffusione di un sentimento di paura collettivo che conduca a un qualche tipo di reazione. E in effetti, la reazione da parte degli Stati Uniti (e non solo), arrivò, prima con l’invasione dell’Afghanistan nel 2001 (avevamo approfondito qui la questione dell’Afghanistan) e poi con quella dell’Iraq di Saddam Hussein nel 2003, giustificata ufficialmente dall’accusa di connivenza di quest’ultimo con al-Qaeda e dalla presunta presenza di armi di distruzione di massa all’interno del territorio iracheno[2].
La politica estera americana non è stata presentata come una semplice ‘punizione’, ma ha assunto un connotato man mano sempre più ideologico, fino a interpretare l’intervento militare in terra straniera come giustificato dalla necessaria esportazione della democrazia. Il nemico si è gradualmente trasformato in un’ideologia opposta a quella sostenuta ‘dall’occidente’: nella politica della paura il nemico è tale non per quello che fa, ma per quello che è. Per alcuni politici conservatori infatti, l’attentato è diventato una prova delle tesi proposte da Huntington nel 1996, in cui lo “scontro di civiltà” si concretizzava come nuovo codice per interpretare il mondo.
Anche se si tratta di un cambiamento a livello di retorica, questo posizionamento ideologico ha avuto diverse conseguenze pratiche. Uno degli ambiti più toccati è stato quello della sicurezza, che ha visto un dispiegamento di forze senza precedenti, sostenuto dalla percezione di una minaccia costante. Tale percezione è stata per altro rafforzata dalla direzione presa dal discorso collettivo, che ha iniziato a interessarsi maggiormente ad aree del mondo e tematiche prima non particolarmente considerate dai media. Questo rinnovato interesse ha portato però a un’inevitabile semplificazione di cui risultano vittima molte delle informazioni che vengono diffuse sui mezzi di comunicazione di massa. Il pericolo nell’utilizzo sommario di parole e tematiche specifiche ha portato a credere di avere una reale e profonda conoscenza di un tema che è risultato invece molto spesso semplificato e mal interpretato.
Un esempio può ritrovarsi nel termine jihad (qui trovi un nostro approfondimento su questo termine), che in precedenza non era particolarmente conosciuto al di fuori dell’ambito accademico. E’ proprio a partire dall’attacco alle Twin Towers che questo termine si inserisce a livello globale nel dibattito pubblico, venendo però immancabilmente legato alla tematica del terrorismo. In questo contesto avviene una ri-configurazione del concetto di jihad, già in atto all’interno di alcuni gruppi estremisti, ma lontana dal significato originario della parola.
Un processo simile è avvenuto con le rappresentazioni collettive riguardanti l’Islam e l’Arabo. L’impatto dell’11 settembre è quindi da intendere su molteplici livelli e nella seconda parte di questo approfondimento si partirà proprio dall’ambito interpretativo, sia dal punto di vista di coloro che sono oggetto di questa interpretazione, in quanto afferenti alla categoria di ‘arabo’, sia dal punto di vista di coloro che la producono.
Elena Sacchi
Note
[1] Per analisi più complete sulle incidenze storiche che hanno condotto fino all’attentato rimandiamo breve e conciso testo di Campanini ‘Quale Islam? Jihadismo, radicalismo, riformismo’.
[2] Per approfondire l’invasione di Afghanistan e Iraq da parte americana rimandiamo nuovamente a un testo di Campanini ‘Storia del Medio Oriente contemporaneo’.
Link utili e fonti
- Documentario National Geographic: https://www.nationalgeographic.it/11-settembre-venti-anni-dopo
- Sito del memoriale : https://www.911memorial.org/
- Villano, P., Passini, S., & Morselli, D. (2010). Discorso e terrorismo: la rappresentazione degli arabi nella stampa italiana e internazionale dopo l’11 settembre 2001. Psicologia sociale, (3), 443-462.