Ebrei d’Oriente, Arabi Ebrei o Mizrahim: ai margini della storia e del presente

Quando si parla di diaspora ebraica, creazione dello stato di Israele, sionismo e conflitto israelo-palestinese molto spesso si parte dal presupposto che il cosi detto ‘popolo ebraico’ sia un’entità omogenea, immutata nel corso dei secoli e impermeabile alle influenze esterne. Come se la diaspora ebraica iniziata sotto l’impero romano avesse spostato solo geograficamente un popolo che si sarebbe poi ritrovato nuovamente unito in Israele, immutato dopo secoli di sparpagliata convivenza.

Tre diaspore ebraiche: Sefarditi, Mizrahim, Ashkenazi

Vista sotto questa angolazione, una versione monolitica della diaspora ebraica lascia intravedere le sue fragilità: pur essendo unito da forti elementi culturali, tradizioni, narrazioni condivise e tramandate e in parte anche dalla religione, il così detto popolo ebraico è in realtà molto più diversificato di quello che si potrebbe pensare. Una delle linee di demarcazione che possono essere trovate all’interno di Israele, stato creato con l’obiettivo di riunire il popolo ebraico, è quella tra Ashkenazim e Mizrahim. Si tratta di due termini a cui spesso viene accostato un terzo termine, quello di Sefarditi e tutte e tre queste categorizzazioni possono a loro volta essere riportate a una storia di movimenti e migrazioni.

In estrema sintesi, Ashkenaziti, detti anche ashkenazim, vengono definiti i discendenti delle comunità ebraiche stanziatesi durante il periodo medievale nella valle del Reno e sparpagliatisi poi anche in Europa centrale e orientale. Questo segmento di comunità ebraica è riconosciuto anche per il largo utilizzo della lingua yiddish, lingua molto vicina, specialmente in origine al tedesco medievale. Si tratta della lingua utilizzata in diverse scene della mini serie che ha spopolato nel 2020, Unorthodox.

Per quanto riguarda i Sefarditi, si tratta dei discendenti degli ebrei che vissero in Spagna e Portogallo dagli ultimi secoli dell’Impero Romano fino alla loro persecuzione ed espulsione di massa da quei paesi negli ultimi decenni del XV secolo. I sefarditi inizialmente fuggirono in Nord Africa e in altre parti dell’Impero Ottomano, e molti di questi alla fine si stabilirono in paesi come Francia, Olanda, Inghilterra, Italia e Balcani. Salonicco (Thessaloníki) in Macedonia e la città di Amsterdam divennero i principali siti di insediamento sefardita.

Jakub Weinles (Starokostjantyniv, Ucraina, 1870 – Varsavia, Polonia, 1938) – On the eve of Yom Kippur

Con il termine Sefarditi, la complessità dei movimenti migratori ebraici aumenta, così come la terminologia: oggi il termine Sefarditi sembra essere stato sostituito e mescolato con la parola Mizrahim. Questo è accaduto proprio in ragione della dispersione degli ebrei che vivevano in Europe con la cacciata dalla Spagna e Portogallo. Dall’Europa occidentale, spesso questa popolazione si è stabilita all’interno delle regioni dell’impero Ottomano, ovvero nelle regioni che poi sarebbero diventate gli stati del Medio Oriente e Nord Africa che conosciamo oggi.

Il termine Mizrahim infatti indica gli ebrei del Medio Oriente e del Nord Africa, che per il fatto di aver vissuto in paesi arabi (come in Iraq, Egitto, Yemen, Marocco) sono spesso considerati sia arabi (per cultura, lingua e identità nazionale) che ebrei. Molti Mizrahim inoltre parlano arabo e condividono tradizioni culturali arabe legate al cibo, vestiti tradizionali e la musica.
A dire il vero, il termine Mizrahi è un’invenzione abbastanza recente, che risale alla formazione dello stato di Israele: in questo contesto veniva usato in modo dispregiativo per differenziare gli ebrei provenienti dal MENA (Medio Oriente e Nord Africa) dagli Ashkenazi. Fino ad allora, le persone che oggi sono chiamate Mizrahim si identificavano per paese d’origine e comunità ebraica, per esempio, come ebrei iracheni o ebrei yemeniti. L’invenzione del termine e la conseguente ridenominazione è stato di fatto uno sforzo del progetto sionista per separare questi individui e le loro molteplici appartenenze a favore di un più monolitico un avvicinamento alle tradizioni e sistemi di pensiero europei-occidentali. Il termine andò quindi a costruire una divisione fittizia che rese gli Ashkenazim occidentali e i Mizrahim orientali, cancellando le molteplici identità nazionali arabe, raggruppando persone provenienti da una distesa di paesi e culture diverse in una categoria marginalizzata.

Ideologia sionista e il posto dei Mizrahim nella società israeliana

Lo stato di Israele quindi è stato fondato sull’ideologia sionista che distingueva arabi ed ebrei e che non permetteva l’esistenza ibrida dei Mizrahim. Di conseguenza, per essere accettati e diventare membri a pieno titolo della società israeliana, i Mizrahim hanno subito una de-arabizzazione, un profondo disconoscimento dei loro tratti arabi. Si è trattato di una sorta di dissociazione dall’eredità e cultura araba che ha portato in certi casi a esprimere sentimenti esplicitamente antiarabi per mostrare un forte sostegno al sionismo e allo stato israeliano.

Quando i Mizrahim arrivarono in Israele, gli ebrei ashkenaziti percepirono e trattarono i Mizrahim come incivili, arretrati e lontani dalla modernizzazione. Un esempio in chiave comica di questa percezione è rappresentato dal film Sallah Shabati, appartenente alla corrente del cinema israeliano Burekas. L’emarginazione sociale corrispondeva anche a una marginalizzazione economica, fisica e politica che è proseguita nel corso della storia di Israele assumendo molteplici forme. La gerarchia suprematista di Israele non coinvolge solo i rapporti con la popolazione palestinese: gli Ashkenaziti dominano, al di sotto i Mizrahim e molto più in basso i palestinesi.

Scena di Sallah Shabati
Fonte: New York Sephardic Jewish Film Festival

Una possibile alleanza?

E’ evidente che i Mizrahim condividano alcune esperienze di oppressione con i palestinesi in Israele, derivanti dall’ideologia sionista. Tuttavia queste sfide hanno più spesso diviso che unito le due comunità: la loro emarginazione ha portato in alcuni casi all’ostilità verso l’altro a causa della competizione per le scarse risorse socioeconomiche. Inoltre, mentre i Mizrahim sembrano cercare l’assimilazione nell’establishment israeliano, i palestinesi richiedono a gran voce un’autonomia da esso. Questa ultima dimensione, unita al fervente sostegno dei Mizrahim allo stato di Israele per dimostrare la loro lealtà, si è espressa sempre di più nell’affiliazione a partiti politici conservatori e nel sostegno militarista all’occupazione. Dall’altra parte, i palestinesi spesso non distinguono tra Ashkenazi e Mizrahi, vedendoli entrambi come ugualmente oppressori.

Fonte: Middle East Eye

Israele è uno stato giovane, il cui quadro identitario è ancora in un processo di formazione. Infatti, in tempi recenti, Israele ha conosciuto un crescente riconoscimento sociale degli attributi culturali e identitari dell’ebraismo orientale e questo sviluppo è associato anche all’attivismo di artisti, studenti, giornalisti e altri intellettuali. Anche tra i giovani ebrei ashkenaziti si accoglie con maggiore favore la riscoperta delle radici arabe.

Tuttavia, solo il tempo potrà dire come e se queste nuove correnti si propagheranno nella società e se contribuiranno a decostruire non solo la marginalizzazione sociale dei Mizrahim, ma anche la dicotomia arabo-ebraico che attualmente è una delle basi del conflitto nella regione.

Elena Sacchi


Fonti

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