Adù, di Salvador Calvo: la realtà scomoda della violazione dei diritti umani alle frontiere
In giorni come questi in cui le notizie popolano i social e si può facilmente accedere ad ognuna di queste senza difficoltà, notiamo come sia rimasta nell’ombra la strage dei migranti a Melilla (Spagna) avvenuta tra venerdì 25 e sabato 26 giugno. Ancora una volta i media italiani sembrano toccare questi fatti come fossero d’importanza secondaria nonostante si tratti di una notizia, purtroppo, che riporta il numero di almeno 37 vittime e di cui la morte Amnesty International ha specificato essere la «conseguenza di vecchi e illegali comportamenti». Questi atti includono i sistemi di respingimento spagnoli che si fanno troppo duri e violenti, insieme a quelli delle autorità marocchine: inconcepibili per il loro uso della forza non necessario. L’intento di varcare il confine che divide il Marocco dalla Spagna, è costato a quelle persone la vita e dar voce a questi fatti è il minimo che si possa fare: sottolineando che, ancora una volta, questa strage è dovuta a comportamenti attuati ai controlli delle frontiere che troppo spesso oltrepassano limiti e violano diritti umani.
È proprio con questa premessa che si introduce il film recensito in questo articolo: Adù, la pellicola spagnola che ha ottenuto 4 premi Goya e 13 nomination nel 2021 e che tratta, seppur cadendo in numerosi luoghi comuni, della crisi umanitaria in Africa e delle ingiustizie perpetrate verso chi è costretto a scappare dalle proprie terre per cercare luoghi più sicuri oltre le frontiere, oltre quella valla (recinzione) di filo spinato che divide la costa orientale del Marocco dall’Unione Europea.
Adù narra tre storie, che seppur a volte sembrino incontrarsi non s’intrecciano mai: la prima è quella del protagonista di 6 anni, che dà anche il nome al film, la seconda riguarda una relazione conflittuale tra padre e figlia mentre la terza è probabilmente il motivo principale per cui abbiamo scelto di recensire questa storia poiché tratta delle vicende vissute da una guardia civile che lavora proprio al confine tra Marocco e Melilla, che viene coinvolta in una tragedia a seguito di una violazione di diritti umani; tragedia che non verrà riconosciuta in quanto tale dal governo spagnolo.
Adù (Moustapha Oumarou) è un bambino del Camerun che sperimenta sulla propria pelle la disumanizzazione del contesto in cui si trova e quindi anche di quello che succede alle persone nella sua stessa condizione, costrette a fuggire e troppo spesso pagarne il prezzo con la vita. L’attore spagnolo che interpreta Gonzalo (Luis Tosar) è invece il responsabile di una riserva naturale nella quale i trafficanti di zanne di elefante stanno uccidendo la maggior parte di questi mammiferi e in piena crisi riceve la visita della figlia Sandra (Anna Castillo) che ha problemi con la droga e con cui i rapporti si sono incrinati. Mateo (Álvaro Cervantes) è invece la guardia civile accusata di aver partecipato nella repressione contro il tentativo di accesso di richiedenti asilo a Melilla, terminata con la morte di uno di questi.
Adù è sicuramente un film da vedere e che è in grado di sensibilizzare una più ampia porzione di pubblico che necessita un’introduzione al tema più semplificata ma è anche molto facile trovare i problemi lampanti della sua sceneggiatura e relativa regia. I luoghi comuni in cui il film cade più volte sono quelli che la rivista online spagnola otroscines.com ha denominato “Cine Unicef” (Cinema Unicef) ovvero quell’intento di far leva sui sentimenti di colpevolezza ma allo stesso tempo di consapevolezza che non solo finiscono per essere superficiali e ridondanti ma diventano persino retorica o a beneficio di una espiazione di colpe quando accostati ad un abuso di musica drammatica, primi piani e temi quali la differenza generazionale e le contraddizioni tra europei e africani sul tema dell’immigrazione illegale. Se a livello di script il film si dimostra ovviamente abbastanza elementare, non si può dire lo stesso dei contenuti: il dramma e l’odissea dell’immigrazione, il bracconaggio e la violazione dei diritti umani sono temi attuali e una realtà scomoda, di cui almeno il cinema ogni tanto parla.nIl film è disponibile su Netflix.
Erika Nizzoli