Nadeen Ashraf: @assaultpolice e il #MeToo egiziano
Nadeen Ashraf è una studentessa egiziana e il suo nome non compare nei libri di storia. Non ancora.
Nasce al Cairo nel 1998 e cresce in un condominio nella parte est della città, insieme a una famiglia che non si definisce attiva politicamente. Nonostante sia rimasta a casa durante le primavere arabe e anche quando Al-Sisi e i militari prendevano il potere nel 2013, nel 2020, grazie a internet, Nadeen porterà avanti la propria rivoluzione. Ciò che Nadeen ha cominciato è definito il #MeToo egiziano.
Nadeen è una studentessa di filosofia all’Università Americana del Cairo e la sera del primo luglio 2020 sta preparando un esame, ma è costretta a interrompere lo studio quando nota la sparizione di un post da Facebook. L’autrice del post era una sua compagna di Università e il contenuto trattava di un certo Ahmed Bassam Zaki, il rampollo di una ricca famiglia del Cairo, che da sedici anni la faceva franca nonostante molestasse decine di ragazze. La compagna di Nadeen aveva pubblicato un avvertimento su Zaki, nel tentativo di salvare altre studentesse dalle violenze e dai ricatti del giovane, ma il post era misteriosamente scomparso.
Nadeen vuole giustizia e per questo crea una pagina Instagram anonima, @assaultpolice, che intende usare per denunciare apertamente le molestie subite dalle vittime di Ahmed Bassam Zaki. Rimane alzata fino a notte fonda per creare la pagina e, al suo risveglio, trova il telefono intasato da decine di messaggi e notifiche.
Nel giro di una settimana la pagina raccoglie decine di migliaia di follower, trasformandosi nel megafono attraverso il quale le giovani egiziane riescono a denunciare e a ottenere giustizia per le molestie subite. Zaki viene arrestato nel giro di pochi giorni.
Nadeen dichiara:
“Molte persone non realizzano veramente come la violenza sessuale sia un reato, a causa degli anni trascorsi a subire catcalls quotidiane, diventando quasi immuni alla rabbia che questo provoca e alla violenza che tale atteggiamento incoraggia. Ma quando fai un passo indietro, per un secondo, guardando al disegno d’insieme, ti rendi conto che [la molestia] è una malattia sociale che si è lentamente infiltrata nelle nostre vite e ha proliferato nel nostro silenzio. Lì, inizi a realizzare che devi cominciare una conversazione per combattere tutto ciò. Quindi questo è ciò che ho fatto: ho cominciato una conversazione“.
(Fonte: Egyptianstreets, tda)
Con la sua conversazione, Nadeen getta una luce su una realtà fin troppo normalizzata nella società egiziana. Nel 2013, quando le Nazioni Unite approvarono la Carta contro la violenza sulle donne, i dati rivelavano che l’83% delle donne egiziane subiva o aveva subito molestie e/o violenze sessuali. Le proteste da parte della popolazione alla firma di non erano mancate e molte donne si erano dichiarate contrarie all’adesione a tale documento. Tutti i paesi mediorientali firmarono la Carta, nonostante lo scetticismo generale, a parte la Libia.
La pagina @assaultpolice, rimasta anonima fino a poco fa, è stata la miccia che ha innescato una carica esplosiva senza fine.
In pochi giorni account cloni hanno iniziato a denunciare le violenze di altri uomini, aggiungendo numerose voci al coro di chi si sentiva finalmente libera di denunciare molestie subite e non ascoltate.
La tendenza a tacere le molestie, considerate in molti casi una vergogna da nascondere e una colpa da imputare alle donne, non è sconosciuta né alle famiglie né al sistema giudiziario egiziano.
Nadeen si è trovata costretta a chiudere la pagina per qualche giorno, ad agosto 2020, per paura che le minacce ricevute da account anonimi potessero ledere alle survivors, ovvero le vittime di violenza.
Un caso in particolare aveva acuito l’odio sui social: a luglio, la studentessa ha deciso di rendere pubblica una violenza di gruppo agita da alcuni giovani di buona famiglia nel 2014. Questi avrebbero stuprato una ragazza in un hotel della capitale, il Fairmont. La pagina è stata successivamente riaperta e recentemente Nadeen ha reso pubblico il proprio nome, sempre nell’ottica di fare la miglior scelta possibile per proteggere e tutelare le survivors.
Tuttora Nadeen mantiene la pagina attiva, impegnandosi in prima linea per l’informazione e la difesa delle vittime di violenza. @assaultpolice si occupa di facilitare il percorso di denuncia delle donne, fa informazione riguardo alla rape culture e ai cyber-sex crimes, con un focus sulla situazione egiziana, pubblicando contenuti in inglese e arabo.
“In inglese si usa costantemente il termine consent (consenso), ma non ho mai sentito l’equivalente arabo: taraadi (تراضي)”.
(Nadeen Ashraf, Internazionale n. 1386)
Avana Amadei