Imran Khan: un playboy alla corte dei Talebani
Quando leggendo Sette, l’inserto del Corriere della Sera in uscita al venerdì, mi sono imbattuto in un articolo di Andrea Nicastro che raccontava la parabola politica del Primo Ministro pachistano Imran Khan, ho capito che una storia del genere non si poteva non raccontare.
Nato da una famiglia dell’élite post coloniale pachistana e profondamente legata al tribalismo pashtun, Imran Khan ha la possibilità di ricevere un’educazione privilegiata nelle migliori scuole pachistane e londinesi. Arriva nell’ex madrepatria e dedica la sua gioventù al cricket e alle donne. Bello, atletico, ricco e di successo, Imran, mentre diventa il miglior giocatore dell’università e migliora la propria tecnica di gioco, diventa protagonista della cronaca rosa londinese. La sua filosofia è semplice: partita nuova, donna nuova. Aristocratiche, modelle, attrici ed ereditiere, in molte passeranno almeno una notte col giovane aitante campione dal fascino esotico.
Tra figli illegittimi e soldi a palate Imran diventa uno dei migliori giocatori della disciplina e uno dei migliori lanciatori al mondo. Dopo essersi ritirato all’apice della sua carriera e aver ricevuto da parte del Presidente pachistano in persona la richiesta di tornare in campo per guidare la nazionale nella Coppa del Mondo del 1992, Imran si rimette in gioco. Quì, raggiungerà la vetta della sua prima carriera: a 40 anni e con prestazioni di grande spessore il futuro Primo Ministro pachistano guida la nazionale alla vittoria della prima storica vittoria della Coppa del Mondo battendo l’Inghilterra, l’ex madrepatria in finale.
Imran però non si arrende all’anonimato o alla fama di vecchia gloria sportiva: da assiduo frequentatore di locali notturni e belle donne di tutto il mondo, l’ormai ex campione si sposa e diventa un fervente musulmano: si trasferisce a Lahore, costringe la moglie miliardaria a convertirsi all’Islam e inizia a vendersi come campione dei poveri. Costruisce un ospedale gratuito (visitato anche da Lady Diana) che presto diventa a pagamento, denuncia la corruzione della politica e l’asservimento all’imperialismo statunitense e bacchetta, dall’alto della sua purezza, i playboy che hanno preso il suo posto. Si scaglia contro le donne che escono senza il velo, contro il divorzio e a favore dei matrimoni combinati, ineggia a Osama Bin Laden dopo l11 settembre e si candida alle elezioni.
Nel 2002 prende meno dell’1% alle elezioni politiche, il suo partito Movimento per la Giustizia del Pakistan, fondato su principi populisti e anti-sistema, con l’intento di creare un modello di stato sociale, democratico, moderno e islamico, fatica a prendere piede a causa dell’opposizione degli ambienti religiosi, memori del passato dell’uomo. Imran Khan però non si dà per vinto: divorzia e si risposa tre volte e si lega a doppio filo alle Forze Armate e ai servizi segreti pachistani che ne vogliono sfruttare la popolarità. Nella fase di incertezza seguita all’11 settembre, che rischiava di far sprofondare il Paese in una guerra civile, a causa dei contrasti etnici e tribali presenti nell’agglomerato pachistano, i militari puntano tutto su Imran e lo portano alla vittoria nelle elezioni del 2018.
Opponendosi agli attacchi via droni degli Stati Uniti e ponendo fine al conflitto con i filopashtun pachistani, Imran Khan tassella la sua posizione legata ai militari e con la presa del potere talebana in Afghanistan, ne esce retoricamente vincitore. Da sex symbol ad alleato dei talebani il passo è breve, soprattutto se nel proprio dizionario la parola sconfitta non esiste.
Fonti utilizzate
- Akbar Arifa, Pakistan: A Personal history by Imran Khan, The Independent, 03/11/2011, Pakistan: A Personal History by Imran Khan | The Independent | The Independent
- Nicastro Andrea, L’emancipazione al contrario di Imran Khan, da playboy a «talebano», Sette – Il Corriere della Sera, 17/9/2021, L’emancipazione al contrario di Imran Khan, da playboy a «talebano»- Corriere.it
Luigi Toninelli