HCHOUMA 3LIK! : Il tabù nel Maghreb
di Giulia Rizzotti
La hchouma o hshouma è un concetto diffuso nella regione maghrebina per indicare un comportamento considerato impudico socialmente. In italiano si potrebbe tradurre con “tabù” o “vergogna”, ma in realtà trova un significato e un utilizzo molto più ampi, ricomprendo una serie indefinita e quotidiana di situazioni e condotte. Insieme a interdizioni, sguardi e gesti di disapprovazione, la hchouma si concretizza nell’assenza di conversazione attorno a certi temi, essendo uno strumento utilizzato per arrestare una conversazione che copre soggetti di cui non si può parlare. È questo il caso, nel Maghreb, come sulle altre sponde del Mediterraneo, della sfera sessuale e del genere.
Cosa implica questo mutismo?
Innanzitutto, una mancanza di lessico: in darija, ovvero in dialetto marocchino, non troviamo la parola “amore”, né una coniugazione del verbo “amare”, se non con implicazione di derisione o volgarizzazione. Per sopperire al problema, il locutore utilizza in modo più naturale una lingua straniera, di solito il francese o l’inglese. Questa mancanza si estende anche alle parti anatomiche e al lessico di genere.
In secondo luogo, implica una scarsa conoscenza del corpo umano, della salute, della sessualità, dell’identità proprie e altrui. Se in Marocco l’educazione sessuale proposta dallo Stato si limita ad indicare l’astensione da pratiche sessuali come miglior metodo contraccettivo e di protezione da malattie sessualmente trasmissibili, nella Tunisia post-rivoluzionaria è divenuta parte degli obiettivi prioritari della politica educativa del Paese; ciononostante essa resta limitata e si concretizza soprattutto in campagne sull’AIDS. In generale, questo tipo di argomenti rimangono un tabù in famiglia, ma anche tra coetanei di sesso opposto. La difficile accessibilità ad informazioni attendibili in campo sanitario e sessuale ad un livello pubblico comporta quindi che la ricerca di conoscenza avvenga tramite canali ‘non-ufficiali‘ quali la televisione e l’internet.
Chi rompe il silenzio?
Tra i precursori nel campo della sessualità spiccano le figure di Fatima Mernissi, una delle prime femministe arabe a pubblicare scritti che esplorano studi islamici, storici e di sociologia e considerano il ruolo della donna, quella di Soumaya Naamane-Guessous, sociologa e attivista per i diritti delle donne e il cui libro Au-delà de toute pudeur (1988) sulla vita sessuale delle donne marocchine divenne best-seller nel Marocco degli anni Ottanta, e quella di Abdessamad Dialmy, sociologo, le cui opere si concentrano sui temi legati all’Islam, alla sessualità e alla salute.
Per quanto riguarda le arti visive, la fumettista marocchina Zainab Fasiki ha guadagnato grande notorietà negli ultimi due anni, soprattutto dopo la pubblicazione del fumetto Hshouma, una guida semplice e disegnata che spiega l’identità di genere, l’orientamento sessuale e il corpo. Nella sua pagina ufficiale, Fasiki spiega l’intenzione di pubblicare il fumetto in lingua araba marocchina per potersi rivolgere in maniera più diretta al pubblico, ma trovandosi di fronte alla mancanza di lessico anatomico, ha dovuto optare per il francese.
Le registe tunisine Raja Amari e Nadia El Fani offrono prospettive differenti sulla donna araba in un contesto transnazionale e transculturale. La prima, nel film Al Dowaha (2009) mostrando femminilità che si allontanano da quella tradizionale, più consapevoli della sessualità dei propri corpi, la seconda con il film Bedwin Hacker (2003), raccontando l’oggettificazione sessuale del corpo femminile e la scoperta di sessualità considerate non normative.
Una penna marocchina nota a livello internazionale è quella di Abdellah Taia, scrittore e regista e primo artista a fare coming out nel proprio Paese. Le sue opere, spesso autobiografiche, esplorano la società marocchina e il rapporto con realtà considerate non-normative, ponendo un freno agli stereotipi occidentali e alle narrative orientaliste.
Il podcast in lingua marocchina e francese Machi Rojola (“non virile, non mascolino”), creato da Soufiane Hennani, porta avanti un progetto promozione e difesa della mascolinità positiva e plurima, collaborando con esperti, artisti ed attivisti.
Se ci domandiamo quale sia il ruolo della religione in tutto ciò, scopriamo un paradosso tra le indicazioni islamiche, le quali permettono e incoraggiano l’esercizio sessuale, e la discriminazione tra la sessualità mascolina e femminile, coniugale e non coniugale, eterosessuale ed omosessuale. Seguendo le teorie di Foucault sul biopotere, la sessualità e il potere si percepiscono come elementi legati e il corpo ed il sesso biologico iscritti all’interno del discorso sociopolitico. Si imputa quindi al partito al potere l’interpretazione politica dell’insegnamento islamico, il supporto a ideologie conservatrici e ortodosse e la marginalizzazione delle richieste di secolarizzazione.
Nonostante la hchouma e i partiti al potere, in Maghreb troviamo figure che remano controcorrente rispetto ad istituzioni politiche ancora troppo reticenti nell’apportare un cambiamento che si concretizzi anche a livello sociale e che possa togliere la pressione morale e fisica da coloro che non si uniformano.
Giulia Rizzotti
Fonti
- Benharrousse, R. (2020). Towards Sexual Education: Moroccan Youth’s Perception Between Globality and Islam. Pacha. Revista de Estudios Contemporáneos del Sur Global 1(3), pp 26-38.
- Dialmy, A. (2010), Sexuality and Islam, The European Journal of Contraception and Reproductive Health Care.
- Fasiki, Z. (2019), Hshouma : corps et sexualité au Maroc, Massot éditions.
- Glacier O., (2017), Femininity, Masculinity, and Sexuality in Morocco and Hollywood: The Negated Sex, Palgrave Macmillan
- Hrairi, S. (2017), Education à la sexualité en Tunisie attentes des élèves et conceptions des enseignants, Santé Publique 2017/3 (vol. 29), pagine 405 à 414.
- Mernissi, F. (1982). Virginity and Patriarchy. Women’s Studies ht. Forum, Vol. 5, No. 2, pp. 183- 191.
- Mernissi, F., (1991), Women and Islam: An Historical and Theological Enquiry, Basil Blackwell Ltd
- Ncube, G., (2021), Skin and Silence in Selected Maghrebian Queer Films, Journal of African Cultural Studies, 33:1, 51-66, DOI: 10.1080/13696815.2020.1792277