Sud Libano tra paesaggi e tradizioni
di Matilde Ferreri
Questo articolo delineerà un primo quadro generale del Libano e del Sud Libano, per soffermarsi in una seconda parte sull’aspetto più poetico e letterario della vita nel Sud. Le foto servono a fornire la sfera visiva di cui l’occhio necessita, e, ad introdurle, sarà una storia.
Il Libano è un piccolo stato mediorientale situato sul Mar Mediterraneo, anche chiamato “Paese dei cedri”: il cedro infatti è proprio il simbolo nazionale, presente anche sulla bandiera, data la sua grande diffusione sul territorio.
Il Paese sta attualmente attraversando una fase molto difficile, principalmente causata dalla devastante crisi economica del 2019, l’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020 e, infine, dei recenti scontri di ottobre 2023, motivi di un costante stato di incertezza e precarietà.
Importante è la questione del settarismo religioso, da sempre stato il tratto caratterizzante del Paese dei cedri, ma anche la fonte di molte controversie politiche, culturali e religiose. Ogni area geografica è curiosamente caratterizzata da una religione diversa. Tra i principali gruppi si rintracciano: musulmani sunniti (30.6%), musulmani sciiti (30.5%), cristiani (33.7%) e drusi (5%).
I governatorati che compongono il Paese sono otto: Akkar, Baalbek-Hermel, Beirut, Nord Libano, Monte Libano, Bekaa, Nabatiye e Sud Libano. Le ultime due regioni compongono il Libano del Sud (al-Janub), le cui città principali sono Sidone (Saida in arabo), Tiro (Sour in arabo), Jezzin, Nabatiye, Bint Jbeil.
Sidone
Sidone, piccola cittadina marittima situata nel distretto del Sud Libano e a prevalenza sunnita, è lontana a solo un’oretta di macchina dalla capitale Beirut. La città si contraddistingue per il suo tradizionale suq (mercato), la produzione di sapone e il Castello di Sidone.
Quest’ultimo fu costruito dai Crociati nel 1227 d.C. e parzialmente distrutto dai Mamelucchi, poi in seguito ristrutturato dall’emiro druso Fakhr al-Din II nel XVII secolo. Il castello è poi diventato il sito archeologico più importante della cittadina e, grazie alla sua collocazione sul mare, è ora, oltre a meta turistica, anche rifugio per i pescatori più impavidi, pronti a lottare contro l’impetuosità delle onde durante i giorni ventosi.
Di fronte al castello ci sono diversi ristoranti tradizionali, la cui specialità è pesce fresco servito con abbondante tahina (salsa tipica mediorientale a base di semi di sesamo) e qualche spicchio di limone: una delizia.
Famosissima anche è la produzione del sapone, prodotto con l’olio d’oliva e con il tempo divenuto uno dei simboli più caratteristici della città. Difatti, per mantenere viva la tradizione, è stato istituito nella città il Museo del Sapone, il quale spiega la lavorazione del prodotto mostrando le macchine antiche usate una volta e un mestiere che, oggigiorno, è quasi dimenticato. Il prodotto infine viene venduto ovunque, dalle boutique più chic alle piccole bancarelle presenti nel mercato.
Il mercato di Saida è singolare, unico e imprevedibile, situato prevalentemente sulla costa dove si affaccia sul castello. C’è di tutto: pesce, carne, galline, dolci, vestiti, attrezzi per la casa, gioielli e souvenir. È caotico e pieno, le bancarelle sono una attaccata all’altra ed è difficile distinguere dove inizia una e finisce l’altra. A tratti, ci si perde negli stretti vicoli della cittadina, rendendo l’esperienza simile a quella di un vero e proprio labirinto, spesso ritornando al punto principale: l’entrata che affaccia sul mare accogliendoti con il carretto della frutta.
Infine, Sidone è anche famosa per i suoi negozi di dolci (degni di nota sono i maamoul: biscotti ripieni di pasta di datteri, frutta secca o pistacchio) e il baracchino di falafel “Abu Rami”, senza dubbio uno dei posti più iconici della città.
Tiro
Tiro, situata a 85 km da Beirut, è la città più importante del Sud Libano. La città, come le due regioni meridionali, è a maggioranza musulmana sciita, con un’esigua minoranza cristiana. I credenti sunniti nel sud del Libano sono principalmente di origine palestinese: profughi di prima o seconda generazione scappati nel Paese dei cedri dopo la prima Nakba del 1948. Ad oggi, si stima che in Libano siano presenti dai 250 ai 300mila palestinesi (Refworld, 2008), principalmente collocati nei campi profughi. Tra questi, molti si trovano nella periferia di Tiro.
La storia della città di Tiro è molto lunga: ha subito diverse conquiste ed assedi fin dall’antichità. Ricordiamo oggi solo due eventi particolarmente significativi: la conquista di Alessandro Magno del 332 a.C. e la dominazione fenicia risalente al XIII secolo d.C.
Anticamente la cittadina era composta da due parti: la città vecchia e la città nuova. Quest’ultima formava una piccola isoletta al largo delle coste libanesi, ben difesa dagli attacchi stranieri. Nel lontano 332 a.C., Tiro subì l’invasione dell’impero di Alessandro Magno. Purtroppo però per l’imperatore, la conquista della città fu tutt’altro che facile; difatti, andò avanti per circa sette mesi. L’imperatore dovette pensare a un metodo più veloce per entrare nella città e far avanzare le truppe e le macchine d’assalto: la decisione fu quella di costruire una lingua di terra per collegare l’isolotto alla terraferma. Alessandro Magno, dopo mesi di atroce guerra e devastazione e dopo aver ucciso più di ottomila Tirii (abitanti di Tiro), riuscì nella sua impresa e conquistò la città. Intanto, lasciò un marchio indelebile: collegando il piccolo isolotto alla terraferma e contribuendo alla costruzione della città odierna.
Inoltre, importante fu la dominazione fenicia, cominciata circa nel 1270 d.C. I cittadini erano specializzati nella produzione di porpora, vetro e legno di cedro. La porpora, un pigmento usato per la tintura dei tessuti e ricavato da un tipo di mollusco, meglio conosciuto come murice, è stata una delle attività commerciali più proficue durante la dominazione fenicia.
La città vecchia inoltre rappresenta uno dei siti archeologici più importanti di Tiro, i cui resti fanno ora parte della lista dei Patrimoni dell’umanità dall’UNESCO dal 1984. Questi sono principalmente risalenti all’epoca romano-bizantina, anche se sono presenti anche resti fenici.
Sud e sciismo
Come già accennato precedentemente, il credo principale nel sud è l’Islam sciita ed è molto evidente, camminando per le strade e per i negozi, la rigorosità con cui viene rispettata la religione e le ricorrenze annuali.
Innanzitutto, una grande differenza risiede nel vestiario. Le donne sono molto più coperte e, diversamente dalla tradizione sunnita, il nero è il colore più usato: simbolo di lutto e commemorazione della morte dell’Imam ‘Ali. Una curiosità inoltre, è l’utilizzo della turbah: una piccola pietra di argilla utilizzata durante le preghiere per simboleggiare la Terra. La pietra viene posta sul pavimento e viene gentilmente toccata dalla fronte durante le prostrazioni.
Inoltre le principali ricorrenze religiose, tra cui ricordiamo Ramadan e ‘Ashura, vengono attentamente rispettate.
Il primo, il digiuno, è il mese di preghiera e devozione, ma anche festa e unione. Le famiglie si radunano per condividere il momento dell’iftar: il primo pasto dopo il calar del sole. Si mangiano i piatti della tradizione, dopo aver rotto il digiuno con qualche dattero e un bicchier d’acqua, si prega, si torna a bere il the o il caffè, si mangiano i dolci e si fuma il narghilè. È normale stare insieme fino alle prime luci dell’alba, per condividere l’ultimo pasto (suhur) prima che la prossima giornata di digiuno cominci. Per colazione si cucinano le manaqish (piatto tipico libanese a base di pasta di pane e farcita solitamente con za’atar o formaggio).
La seconda ricorrenza è invece un periodo di estrema importanza per la religione sciita. L’evento è profondamente triste, comincia il giorno 10 del mese di Muharram, e rappresenta la commemorazione della Battaglia di Kerbala (680 d.C.) e il giorno in cui Allah salvò il Profeta Musa.
In ultimo, di fondamentale importanza è l’ampio supporto nel sud dei partiti di Hezbollah e Amal, il primo fondato nel 1982 durante la Guerra Civile Libanese e il secondo creato invece dall’imam Musa al-Sadr nel 1974.
Curiosa è la presenza nei negozi, case, strade, ristoranti dei simboli ora religiosi, ora politici che contraddistinguono le diverse credenze e valori del singolo cittadino. Non è raro infatti in Libano trovare icone di santi, piuttosto che di leader politici, croci o corani, bandiere o sticker appartenenti a gruppi politici o religiosi diversi.
Dopo aver delineato un quadro generale, vorrei soffermarmi sulla parte più poetica e letteraria della vita nel Sud.
Le foto servono a fornire la sfera visiva di cui l’occhio necessita, e, ad introdurle, sarà una storia: la mia.
Hai incontrato un ragazzo che ti ha indicato la strada, anche se non ti ha detto la destinazione. Ti ha parlato di un posto con una natura sconfinata, dove i campi di ulivo regnano sovrani. Un posto dove il sole riposa sugli steli d’erba che riempiono i prati e illumina le strade desolate della campagna.
Gli hai sorriso e hai fatto finta di aver capito, ma lui capisce il tuo gioco.
Allora continua.
Ti parla di un posto lontano, a tratti vicino al mare, a tratti sperduto nella natura. Ti avvisa che la vita si vive diversamente da qui.
“Spiega meglio”, chiedo.
Lui mi guarda, sorride e, tornando ad osservare il mare dalla Corniche sul lungomare di Beirut, mi racconta.
Le strade sono piccole, sterrate, le persone si conoscono tutte tra di loro.
Di notte non si esce: i lupi ululano e le iene vanno in caccia di nuove prede.
Il Sud è un mondo a parte rispetto a Beirut, dice. La vita è più lenta e meno caotica. Le strade vantano un’aria più pulita e la natura è sconfinata. Si coltivano le olive: l’olio è buonissimo. La mattina quando ci si sveglia non ci sono i clacson assordanti e un traffico da far paura, ma il canto degli uccellini e il rumore delle foglie cullate dal vento.
C’è sempre cibo per tutti e tutti sono sempre pronti ad accoglierti nella loro casa. Hummus e Labneh, accompagnati da qualche verdura cruda e dal classico pane arabo, la pita. Si sorseggia il tè o il caffè, a seconda dei gusti, e si mangia in silenzio, assaporando.
Gli uccellini cantano fuori, le galline si divertono a scorrazzare in giardino e i gatti aspettano impazienti qualche pezzettino di cibo fuori dall’uscio.
Sorride, pensando alla sua famiglia. Poi continua con la sua narrazione.
Le persone sono molto più credenti rispetto a qui: tradizioni e ricorrenze religiose vengono rispettate rigorosamente.
Le donne sono velate e non si beve alcol. “Non si fa festa come qui a Beirut”.
Mi fa un esempio: “Durante il periodo di Ramadan, si sta insieme e si prega insieme”. Durante le notti del destino (Laylat al-Qadr) si va in moschea a pregare con la famiglia e ci si dirige ognuno verso le stanze ora femminili, ora maschili. Si tolgono le scarpe, si appoggiano i propri averi su una sedia. Ognuno prende una Turbah e ci si mette a pregare in silenzio. E così fino alle due o tre del mattino. A volte si fanno delle pause, si scambiano battute e si sorride. A volte le mamme arrivano con qualche snack, una Knafeh magari, per ricaricare le energie. Poi si fa colazione tutti insieme e si torna a dormire.
Gli chiedi come ci si arriva e il ragazzo ti guarda, con quegli occhi pieni e il sorriso di chi sta guardando qualcuno che conosce da sempre, allora alza il braccio e ti indica una strada, senza però fornirti la destinazione.
“Chiudi gli occhi. Li senti i rumori?”
Un motorino sfreccia e supera da destra, i clacson cominciano a suonare inferociti, una frenata improvvisa. I tassisti si urlano contro, il vociare delle persone è assordante, un bambino che ti passa davanti ti chiede se vuoi comprargli una rosa.
“‘A Sour?” Per Tiro?
“Yalla” Si – ti risponde l’autista.
Sei a Cola, una delle tre stazioni dei pullman di Beirut. Da qua, la maggior parte dei bus parte per il sud del Libano. L’avventura comincia.
Il bus è piccolo, ci starebbero quindici persone, ma non si sa come ce ne stanno sempre almeno venti. Sali il gradino, l’entrata è bassa e devi cercare di non sbattere la testa. L’autista, da fuori, ti fa segno con la mano e ti indica dove sederti. Sei in uno dei sedili posteriori, perché Sour è una delle ultime fermate e gli autisti dispongono tutti i passeggeri in ordine di uscita dal veicolo: un’organizzazione impeccabile.
Sull’autobus c’è odore di sigaretta. Nessuno sta fumando, ma probabilmente tutti lo hanno fatto prima. È quasi pieno: ci sono persone di ogni età, soprattutto ragazzi sulla trentina. Di ragazze siamo in poche, formiamo una sola fila. L’autista mi ha fatta sedere di fianco a un gruppo di donne per farmi sentire a mio agio.
Mi guardano tutti in modo strano: è raro vedere un’europea su un bus del genere.
Si parte. Usciamo da Beirut dopo aver attraversato Dahieh: il quartiere a prevalenza sciita di Beirut, vicino all’aeroporto. Si arriva dopo circa due ore, in base al numero di volte che si ferma il bus. La famiglia che ti è vicina ti sorride, sono molto cordiali, un po’ timidi. C’è la mamma, la figlia e il bimbo piccolo, che ti guarda come se fossi un alieno e ride osservando ogni parte della tua strana faccia.
I finestrini sono aperti, le tendine dell’autobus ti svolazzano tra i capelli. Guardi fuori dal finestrino e vedi il mare passarti davanti agli occhi. È incredibilmente blu. Il sole lo fa brillare come se fosse un diamante tra i più preziosi.
Osservi il paesaggio e ti perdi nei tuoi pensieri. È assurdo come tutto ciò che vedi ti sembri incredibilmente bello: le case diroccate nei villaggi di periferia, la natura mediterranea, i bambini per strada giocano a calcio con una palla tutta rappezzata.
Il bus si ferma a Sidone, sei a metà strada, ma noti già l’enorme differenza con la capitale. Sei circondata da un mercato a cielo aperto che si affaccia davanti al castello. Il tempo è un po’ nuvoloso, le onde cominciano a scontrarsi velocemente. C’è un’afa soffocante. Il viaggio riprende e i continui sbalzi del minivan ti cullano come un bimbo in fasce. Ti addormenti.
Al tuo risveglio noti ancora che il paesaggio è cambiato: la natura è di un verde brillante e il sole ti sorride. Dopo aver passato qualche paesino di periferia, arrivi finalmente a Sour.
E qui, ancora, ricomincia il tuo viaggio.
“Sabaho al-ward” Buongiorno dice ‘Ammu (termine dialettale per indicare lo zio).
“Sabaho al-foul” Buongiorno, rispondi.
Lui sta già fumando narghilè mentre legge le notizie del giorno.
Il Sud Libano attraverso le immagini
Matilde Ferreri
Fonti
- ARCHEO-MED SITES, Tiro, https://www.archeomedsites.beniculturali.it/it/siti/tiro-al-bass/
- C. FINOCCHIETTI, in “ORP- Opera Romana Pellegrinagggi”, Il Castello dei crociati a Sidone, 2019, https://www.operaromanapellegrinaggi.org/it/news/castello-crociati-sidone
- Index Mundi, Lebanon Religions, 2021, https://www.indexmundi.com/lebanon/religions.html
- STORICA – National Geographic, Alessandro Magno e l’assedio di Tiro, 2021, https://www.storicang.it/a/alessandro-magno-e-lassedio-di-tiro_14868
- STORICA – National Geographic, La porpora fenicia, la più pregiata delle tinture , 2022, https://www.storicang.it/a/porpora-fenicia-piu-pregiata-delle-tinture_14892
- UNHCR, Refworld – Global Law & Policy Database, World Directory of Minorities and Indigenous Peoples – Lebanon: Palestinians, 2008, https://www.refworld.org/docid/49749cf0c.html
- UNRWA, Ein El Hilweh Camp, Juky 2023, https://www.unrwa.org/where-we-work/lebanon/ein-el-hilweh-camp
- World Population Review, 2024, https://worldpopulationreview.com/countries/lebanon-population